Un giorno tornavo a casa da Bari ed ero in macchina con mia moglie.
Percorrendo la statale 100, attratti dalle insegne di un ipermercato decidemmo insieme di fare un salto per fare qualche piccolo acquisto. Ci servivano soprattutto il dentifricio e gli spazzolini perché saremmo partiti per un viaggio qualche giorno dopo.
Arrivati all’ipermercato prendemmo meccanicamente un carrellone nel quale le poche cose che dovevamo comprare ci sarebbero state super comodissime.
Ben presto ci immergemmo in quella “meravigliosa” esposizione di prodotti che ci… mancavano e dei quali non potevamo(ehm) fare a meno.
Il nostro cervello passò immediatamente allo stato fluido e riempimmo avidamente il carrellone di cose tanto agognate quanto poi risultate assolutamente inutili.
Gettammo la spugna solo quando il carrello era pieno zeppo e poco ci è mancato che non andavo a prelevarne un altro.
Dopo una lunga attesa alla fila della cassa finalmente pagammo con carta di credito il nostro conto. Nella lunghissima lista c’era anche il costo dei sacchetti elegantemente chiamati shoppers e il pagare le buste della spesa non mi infastidì come sarebbe successo in un qualsiasi negozio del mio paese.
Naturalmente quando rientrammo ci accorgemmo che avevamo dimenticato di comprare dentifricio e spazzolini e la cosa passò in secondo piano nonostante la gravità.
In fondo avevamo tanto da fare per ammirare le nostre conquiste e riporle nei relativi scaffali.
Il giorno dopo abbiamo comprato in un piccolo negozio esattamente due spazzolini e un tubetto di dentifricio.
In qualche modo avevamo imparato la lezione forse anche ai danni del piccolo commerciante del mio paese.
Questa non edificante avventura si è ripetuta più volte e non credo di essere l’unico cretino cui sia capitata.
Sono davvero uno stupido o c’è qualche forza misteriosa che distrugge i miei filtri analitici costruiti negli anni con libri, corsi, studi,confronti e tutto quello che poteva farmi elevare culturalmente?
Forse c’è una spiegazione che parte dalla mia perenne insoddisfazione.
L’uomo è sempre insoddisfatto.
Non l’uomo moderno ma il genere umano.
E da sempre cerca di placare questa insoddisfazione congenita con metodi diversi.
Il metodo comune è l’individuazione di una causa precisa.
Abbiamo la necessità di trovare un “capro espiatorio” su cui far convergere il nostro dolore e attraverso questa razionalizzazione, crediamo di trovare la causa del nostro malessere.
Una volta rimossa la “causa” il nostro dolore passa solo momentaneamente per poi riemergere con maggiore forza spingendoci a ricercare altre ragioni che ci portano inesorabilmente a percorrere una strada senza ritorno.
L’obiettivo di questo articolo non è quello di suggerire la strada per la felicità né pretende di insegnare una teoria che sostituisca le decine di filosofie sparse in tutto il mondo che hanno il nobile tentativo di placare il malessere del genere umano.
Voglio solo evidenziare alcune forme di razionalizzazione comuni soprattutto nel mondo occidentale, perché acquisendo la consapevolezza di essere vittima di un meccanismo esterno, ciascuno può cercare delle alternative.
Mi riferisco all’acquisto compulsivo dei beni e alle dinamiche che ci portano a “spendere male” esattamente come mi è capitato nell’episodio che ho descritto prima.
In questo periodo di crisi la compulsione è concentrata sugli acquisti low cost e a differenza di qualche tempo fa, i negozi che offrono prodotti di qualità e servizi di grande livello sono deserti mentre le strutture che sbandierano prezzi apparentemente incredibili sono gremite di persone che come pesciolini attendono il bocconcino agganciato all’amo… e che amo!
Un’ amo dorato che comunque si conficca nella gola e che quando te ne accorgi è troppo tardi.
Capita a pennello la citazione storica di Franklin
” il piacere di un acquisto a basso prezzo dura molto meno dell’insoddisfazione per la scarsa qualità”
e mi riferisco soprattutto a coloro che pur avendo la possibilità economica di fare un acquisto ragionato e consapevole che duri nel tempo, comprano merda perché oggi è “figo” spendere poco come se questa ostentazione di sicurezza avesse la proprietà alchemica di trasformarla in cioccolata.
Non far morire i piccoli negozi.
Non uccidere la passione e l’esperienza.
Non ignorare valori come qualità e servizio.
Non distruggere come abbiamo fatto in passato con l’artigianato le piccole realtà che sopravvivono con sudore e sacrifici ma che elevano il rapporto umano dando calore e personalità a quello che acquistiamo.
Non riempire le tasche dei pochi che hanno solo la grande forza nella “comunicazione massiccia” ai danni di chi ti aspetta e ti rispetta ma non riesce a dirtelo perché non sa come farlo o non ha i mezzi per farlo.
Non ti chiedo nessun sacrificio no!
Solo buon senso e calma molta calma.
Rifletti, blocca la compulsione e ragione attentamente e conta fino a cento!
Vuoi risparmiare?
Non è un gran rebus.
Pensa alla piccola botte e al vino buono.
Pensa ai miei spazzolini:
Se mi fossi recato direttamente al piccolo negozio del mio paese non avrei riempito il carrello di schifezze e …. non avrei pagato nemmeno il sacchetto!
Michele De Biase
p.s. tutte le immagini, tranne quella di copertina, sono state prese dal web.